Cari amici,
in chiusura di un anno a dir poco intenso, soprattutto nelle sue tumultuose battute finali, mi è gradito tracciare un sintetico bilancio condiviso che permetta di fornire un quadro d’insieme.
Abbiamo iniziato questo 2018 all’insegna dell’attesa per nostro il mondo del volontariato, visto il rinnovamento richiesto dalle linee della Riforma del Terzo Settore varata con la legge 106 del 2016. Un riforma avviata dal governo uscente e in attesa di attuazioni e dettagli, che il governo entrante, insediatosi già dalla fine della primavera, non ha ancora affrontato pianificando strategie ed effettive elaborazioni. In proposito, ci sia permesso di ricordare che non salvaguardare adeguatamente il settore del volontariato significa non concretizzare di fatto proclami di politiche sociali serie, perché sappiamo bene quanto il welfare sia retto nel nostro paese in buona parte da quei volontari riuniti in associazionismo che presidiano le aree di disagio 365 giorni l’anno. Come sottolineato dai nostri vescovi ad esempio, aumentare l’Irap dimostrerebbe scarsa attenzione e lungimiranza: il nostro volontariato è quello che anche il 25 o 26 dicembre lascia i propri cari e le tavole in famiglia per soccorrere chi necessita di assistenza.
Come CSVE abbiamo cercato con ogni energia di fare la nostra parte: questo 2018 ci ha visto come annunciato avviare l’iter della costituzione della nuova assemblea dei delegati, nella quale abbiamo modificato lo statuto, aprendoci al terzo settore, con un dibattito condiviso e alla luce del sole, secondo quei criteri di trasparenza e legalità dei quali abbiamo cercato ogni giorni di onorare l’ideale. La speranza è che il nuovo Coordinamento centrale dei centri di servizi di volontariato, di fatto un organismo nazionale di controllo che gestisce anche il Fondo Unico Nazionale del volontariato, possa trovare sempre più dimestichezza, nel suo fisiologico rodaggio, per adempiere la sua complessa missione in termini di funzionalità.
La nostra programmazione annuale si è mossa dunque da una parte nel solco dell’impegno richiesto da una riforma di accompagnare e gestire, dall’altra garantendo gli impegni di promozione, cultura, assistenza e formazione che sono propri del DNA condiviso ed allargato del CSVE. Sebbene partisse in una comprensibile condizione di provvisorietà, peraltro ancora presente in parte, come accennato, la pianificazione della attività si è diramata su più fronti, costantemente al servizio della solidarietà a fronte di vecchie e nuove povertà. Tra le nuove emergenze, come non accennare ai disagi provocati dal terremoto che dopo il Natale interessato i comune del nord est catanese: le nostre associazioni si stringono, e non certo solo idealmente, a quanti hanno dovuto lasciare le proprie case, come agli esercenti che attendono risposte e ai tanti credenti privati delle proprie chiese, ad ora transennate ed inagibili.
Ci aspetta un 2019 che, se per certi versi continuerà ad essere di transizione, dall’altra ci vedrà ripartire da alcuni punti fermi sopra menzionati, sempre con la stessa immarcescibile missione al servizio di quelle periferie esistenziali che spesso solo il volontariato riesce a raggiungere, colmando vuoti colpevolmente lasciati dalla politica o dall’indifferenza di tante altre persone. Perché non basta infatti offrire un pasto al povero al Natale, sia a farlo un semplice cittadino come un’istituzione: sarebbe anzi ipocrita se con forza ciascuno rinunciasse a fare la propria parte, garantendo un impegno se possibile di rete, 52 settimane all’anno, non per una festa particolare ma per una ragione di stile. Certo mettersi a servizio di una comunità può significare spesso fare i conti con ristrettezza di risorse o inefficienze, ma come CSVE non rinunceremo alla garanzia della nostra azione solidale, per servire e gestire con tutti gli attori sociali interessabili ogni piccolo impegno prezioso: come ho già avuto modo di dire, non eravamo e non saremo un patronato o un bancomat, ma un punto di riferimento e coordinamento, di sinergia al servizio di una strategia comune contro le povertà. Perché chi alla vista di una povertà si volta dall’altra parte, o è indifferente, o complice della stessa.
Buon anno a tutti
Salvo Raffa